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DOMODOSSOLA - 18-09-2018 - Dopo la lettura ricevuta da un cittadino, che lamentava il fatto che a Domodssola le sanzioni pecuniarie per chi è trovato a urinare in strada siano ben più salate rispetto air esto d'Italia (5mila euro contro le poco centinaia di euro di altre città) il comandante della polizia locale di Domodossola, Marco Brondolo, fornisce un'articolata spiegazione, dove in sintesi rimarca come l'amministrazione domese sia legittimata da sentenze della Cassazione e dalle leggi nazionali ad applicare le salatissime multe. Scrive Brondolo: 

 
"... proprio la condivisibile esigenza di evitare una “parcellizzazione”  territoriale della risposta sanzionatoria in quelle materie che, per Costituzione, restano riservate allo Stato, impone l’applicazione della sola sanzione amministrativa di cui all’art.726 C.P. E’ illuminante  a questo proposito la sentenza della Cassazione sez. III Penale, 4/9/2011 n. 40012: “ “Sono atti contrari alla pubblica decenza tutti quelli che in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocano in questi ultimi disgusto o disapprovazione come l’orinare in luogo pubblico. Né la norma dell’art. 726 c.p. esige che l’atto abbia effettivamente offeso in qualcuno la pubblica decenza e neppure che sia stato percepito da alcuno, quando si sia verificata la condizione di luogo, cioè la possibilità che qualcuno potesse percepire l’atto.

La piena vigenza dell’art.726 C.P. e la sua precisa corrispondenza alle casistiche accertate da questa Polizia Locale, trova conferma addirittura nell’ordinanza n. 91 del 24.02.2010 della Corte Costituzionale (che omettiamo per brevità).

La Prefettura del Verbano Cusio Ossola, Autorità amministrativa competente a decidere sui ricorsi proposti dai sanzionati, ha emesso ordinanze ingiunzione che hanno riconosciuto la legittimità piena degli accertamenti compiuti da questa Polizia Locale. Alcune ordinanze sono ora sottoposte all’ulteriore analisi della magistratura, che considererà senz’altro tutti aspetti controversi di questa materia.

Per quanto riguarda l’ipotesi di applicare, in via alternativa all’art.726 C.P., le più miti norme di regolamento comunale ci preme sottolineare che nelle Repubbliche democratiche l’organo di polizia non crea diritto ma si limita ad applicare le norme vigenti che, qualora non risultino più corrispondenti al comune sentire della maggioranza della popolazione o non garantiscano un’adeguata ed efficace tutela degli interessi per i quali sono state originariamente create, possono essere abrogate, modificate o integrate, dall’organo legislativo che, giova ricordarlo, non è l’organo di polizia.

Nel campo sanzionatorio amministrativo, qualora la violazione di una norma risulti “plurioffensiva” di interessi differenti, è ammissibile il cumulo delle sanzioni: per esemplificare, avremmo potuto applicare sia l’art.726 sia la norma del regolamento comunale. Nei casi da noi analizzati questa plurioffensività non è stata affatto rilevata: una sola norma è stata violata ed è quella che è stata contestata ai trasgressori.

Il richiamo del regolamento comunale al divieto di soddisfare alle esigenze corporali fuori dai luoghi a ciò destinati risulta quindi un pleonasmo, una semplice richiamo ad una norma sovraordinata e già vigente nell’intero territorio nazionale, in una materia che ancora è riservata allo Stato ex art.117 comma 2° lett. h della Carta Costituzionale. Il cumulo delle due sanzioni (statale + comunale) avrebbe avuto senz’altro un effetto ulteriormente deterrente, ma risultava ab origine viziato dalla pretesa dell’Ente locale di volersi sostituire all’organo statale, anche per quanto concerne la competenza in ordine alla trattazione del contenzioso ed all’introito di una delle due sanzioni.

L’introito delle violazioni all’art.726 è infatti di pertinenza esclusiva dello Stato, e così anche la competenza ad istruire le procedure di riscossione, al termine del contenzioso amministrativo e giudiziario, resta in capo all’Autorità amministrativa che ha emesso le ordinanze ingiunzione, la Prefettura.

L’incipit dell’art.42 del vigente Regolamento di Polizia Urbana “Decenza pubblica e personale”,  richiama la vigenza di altre norme, gerarchicamente sovraordinate, che rendono ancora più evidente il pleonasmo sanzionatorio sopra citato: “Fatta salva l’applicazione delle più gravi sanzioni previste dal Codice Penale […] è vietato soddisfare alle esigenza corporali fuori dai luoghi a ciò destinati […]”. E quali sono queste norme? La risposta è nel Decreto Minniti -  D.L.14/2017 (convertito in L.18.04.2017 n.18) che, all’art.9 comma 2° così dispone: “ Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dagli articoli […] 726 del Codice Penale […] chiarendo una volta per tutte che chi orina in luogo pubblico, o aperto o esposto al pubblico è soggetto a quella sanzione e non alla creatività regolamentare degli enti locali.

Proprio quella creatività aveva causato l’intervento della Corte di Costituzionale, con sentenza 4-7 aprile 2011, n. 115, che si era già allora accorta dei pericoli della “variabilità” territoriale delle sanzioni amministrative dei Comuni, e della correlata indeterminatezza delle sanzioni per i trasgressori, quando aveva dichiarato l’illegittimità dell’art.54 comma 4° del D.Lgs. 18.08.200, n.267:  

“La possibilità, introdotta dalla norma censurata, che l'esercizio di diritti fondamentali della persona venga diversamente regolato sulla ristretta base territoriale dei singoli Comuni comporta, secondo il Tribunale amministrativo del Veneto, un irragionevole frazionamento, ed un regime di disuguaglianza incompatibile con l'art. 3 Cost. Sarebbero violati inoltre i principi di unità ed indivisibilità della Repubblica (art. 5 Cost.), di legalità (art. 97 Cost.), di riparto delle funzioni amministrative (art. 118 Cost.)[…]”.

Quell’autorevole monito noi avevamo ben presente, nel redigere i verbali di accertamento e contestazione degli illeciti per violazioni all’art.726 del Codice Penale, norma che vige ancora sull’intero territorio della Repubblica (fino a quando il legislatore non deciderà di modificarla, anche se l’ultima modifica risale appena al 15.01.2016)".