PIEMONTE- 03-05-2021--Il nostro codice penale si occupa nel Titolo I, Libro II, di alcuni reati specifici che possono essere commessi ai danni del capo dello Stato.
In particolare, gli articoli 276, 277 e 278 del codice si occupano di tre diverse fattispecie penali: attentato contro il Presidente della Repubblica, offesa alla libertà del Presidente della Repubblica e offese all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica.
Secondo la Costituzione, il Presidente della Repubblica (art. 87) è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. E’ il primo cittadino d’Italia e come tale va salvaguardata la sua persona e la sua funzione.
Per l’attentato al Presidente della Repubblica previsto dall’art. 276 codice penale, è precisato che rischia l’ergastolo chiunque attenti alla vita, all’incolumità o alla libertà personale del Presidente. Dal punto di vista giuridico è una norma ‘sui generis’ perché il semplice ‘attentare’ alla vita del Presidente fa scattare l’ergastolo, a prescindere dal raggiungimento o meno del fine criminale.
E’ una eccezione importante del nostro ordinamento che prevede, all’art. 56 del codice penale, che il solo tentativo di un reato in caso di ergastolo (come è il caso in esame) preveda invece una reclusione di dodici anni.
Chi attenta invece alla libertà del Presidente della Repubblica, rischia una pena che va da cinque a quindici anni di reclusione. Lo prevede l’art. 277 codice penale, ma vi è una difficoltà di interpretazione con l’articolo 276.
Quest’ultimo prevede l’ergastolo per l’attentato alla libertà personale del Presidente, mentre l’art. 277 punisce chiunque attenti alla sua libertà in generale. Qual è la differenza tra la libertà personale di cui all’art. 276 e la libertà semplice dell’art. 277? L’interpretazione prevalente è che nel primo caso (art. 276) rientri la restrizione fisica della libertà del Presidente, mentre nel secondo caso (art. 277) si tratta di qualunque manifestazione della libertà del Presidente (libertà di pensiero o qualunque libertà tutelata dalla Costituzione a beneficio di qualsiasi cittadino).
Infine, è punito con la reclusione da uno a cinque anni (art. 278), chiunque offenda l’onore o il prestigio del Presidente (il cosiddetto ‘vilipendio’). L’offesa può riguardare sia la carica istituzionale, sia la vita privata del Presidente. Anche qui, la norma dispone un’eccezione sul reato di ingiuria in generale. Il reato di ingiuria infatti è stato abrogato in Italia dal Decreto Legislativo 7/2016 e l’onore e il decoro di un qualunque cittadino non sono più tutelati penalmente contro chi li offende. Resta l’ingiuria come reato solo nei confronti del Presidente della Repubblica.