OIRA- 19-03-2023-- Un'escursione faticosa e avventurosa, su vecchi sentieri puliti da qualche anima buona, ma non segnati sul terreno e neppure sulla cartina più recente, forse perché non “accatastati”. Che ci sia di mezzo anche qui la burocrazia? Gita vivamente sconsigliata nei mesi estivi, a meno di amare il caldo, i rovi e le ginestre invadenti.
GITA N. 112 O 24 OIRA - LA PRASCA
MARZO 2023
Dislivello: 1100 m. Tempo: 5 h 45'. Sviluppo: 12,5 km.
In una giornata di sole, con un venticello non fastidioso e una temperatura primaverile, ci troviamo nel parcheggio di Oira, 375, di fronte al ristorante “C'era una volta”. Oggi c'è un esordiente a rinforzare il già prestigioso staff medico. Tre medici, quindi, pure coetanei, si occupano, insieme a due badanti, di cinque anziani. Uno di questi, seppure pieno di malanni e poco allenato, conosce bene il territorio ed il sentiero che vogliamo riscoprire e, con un atto di autentica fede, ci affidiamo a lui.
Guardando di qui verso la vetta della Colmine, sembra quasi impossibile che ci si possa salire da questo versante senza fare dell'alpinismo. Percorriamo la strada che sale dietro il ristorante, prima asfaltata e poi sterrata, per qualche centinaio di metri, fino ad una costruzione in cemento in corrispondenza di un tornante. A sinistra di questa, non indicato e poco visibile, parte il sentiero.
E' sempre evidente, pulito di recente, con parti ripide che si alternano ad altre pianeggianti, in una vegetazione molto rada, per ora, che fra poche settimane diventerà quasi insuperabile. Trionfa il “secco”, nonostante i recenti millimetri di pioggia. Ci sono anche tratti quasi intatti della vecchia bellissima mulattiera.
Su questo versante orientale della Colmine di Crevoladossola sono rimasti soltanto i ruderi di tante baite e i ricordi di una importante attività di alpeggio, non facilmente immaginabile. A quota 950 sostiamo brevemente, nei pressi di una piccola croce in ferro, dove si gode di un panorama superbo sull'Ossola. Dalle cartine non si capisce niente.
Le indicazioni, a seconda della “fonte”, vanno da sentiero evidente a sentiero inesistente e da facile a difficile. Posso solo dire che non è difficile, ma non è neppure ben segnato ed è, comunque , faticoso e difficilmente praticabile in estate. Viriamo gradualmente a sud ovest, ci abbassiamo leggermente e saliamo, su sentiero a tornanti stretti, un ripido canale, che ha sulla sinistra anche una variante quasi alpinistica, abbastanza artigianale, con scaletta “domestica” in partenza e cordine metalliche più in alto.
Dopo due ore e un quarto siamo all'Alpe Fontanagoglio, 1175, sparso su un vasto pendio con baite solo diroccate. Il sentiero sempre ripido manda in riserva la guida anziana e lo scrivente grafomane, ma rientriamo nel bosco e arriviamo alla splendida valletta dalla quale si sale in vetta alla Colmine a destra (in tre quarti d'ora) e all'Alpe La Prasca a sinistra (in cinque minuti). Con decisione graditissima a me e alla guida si opta per La Prasca, 1385, dove saliamo rapidamente per la pausa pranzo, nei pressi di una baita, finalmente non più diroccata (un'ora).
Attraversiamo questo ripiano bellissimo per goderci il panorama a trecentosessanta gradi, meraviglioso. Scendiamo all'Alpe Gorta e di qui prendiamo il sentiero che incrocia la strada più in basso. Passiamo da Ginestrin, seguendo la guida odierna in un giro un po' allungato che ci porta a Ceva di Sopra, 1065, Ceva di Sotto e Scezza, incrociando ancora la strada più volte. Di qui teniamo la sinistra e passiamo da Simbo, 665. Un anziano, accompagnato dal suo medico personale, prosegue per Oira dove chiuderà l'anello completo.
Gli altri, passando da Traversagno, 580, e dal bacino ENEL, sempre guidati da un nostalgico del suo lavoro, vanno ad osservare la grande condotta forzata che alimenta la centrale di Crevoladossola, nella quale, molti anni fa, scorreva, insieme all'acqua, il sudore di questo lavoratore indefesso. A casa sua brindiamo alla bella e faticosa giornata (due ore e mezza da La Prasca).
Gianpaolo Fabbri