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colle d egua fabbri

ANZASCA- 09-07-2023-- Torno al Colle d’Egua dopo qualche anno, con compagnia diversa, allenamento diverso e, soprattutto, età diversa. Il ritorno è lungo il percorso di salita e non, come allora, lungo l’impervia e selvaggia alta Valle Olocchia.

GITA N. 119 O 24

COLLE D'EGUA

GIUGNO 2023

Dislivello: 1050 m. Tempo: 5 h 30’. Sviluppo: 12 km.

Rientro nei ranghi dopo oltre un mese a causa di ferie, tempo brutto di giovedì ed altro ancora. Non avendo mantenuto il benché minimo grado d’allenamento, so che oggi ci sarà da soffrire per star dietro ai pazienti ed allenatissimi amici. In più ci tocca la giornata d’inizio estate, fino ad ora la più calda ed afosa della stagione.

Oggi ben tre badanti ed il medico di servizio si occuperanno di quattro anziani. Dopo il caffè a Pontegrande imbocchiamo la Val Baranca e saliamo fino alla costruzione dell’acquedotto, poco prima di Piè di Baranca, 1150.

Parcheggiamo qui su richiesta di un pastore che ha bisogno di avere libero il piazzale a fine strada per il censimento di un gregge di oltre mille pecore. Attraversiamo il bel torrente, finalmente ricco d’acqua dopo la siccità invernale, che più in basso sarà oggetto delle insane attenzioni dell’homo idroelettricus. Il bel sentiero nel bosco ci porta all’Alpe La Rusa, 1391.

Alla base di un maestoso faggio un piccolo ghiro si lascia fotografare a un metro di distanza, eppure non è imbalsamato. Si vede che i Murmäta ispirano fiducia. Proseguiamo la salita fuori dal bosco ed arriviamo all’altezza dell’Alpe Oreto, 1724, alla nostra sinistra. L’ascesa si fa sempre più dolce e, dopo un’ora e tre quarti dalla partenza, siamo all’Alpe Selle, 1824, in corrispondenza del Colle di Baranca. Poco più a sud osserviamo il laghetto da cui nasce il Mastallone, che a Varallo confluisce nel fiume Sesia ed è uno dei tanti bei torrenti valsesiani ricchi d’acqua e di riserve di pesca. Lì l’homo idroelettricus non è amato come in Ossola.

Inizio a salire in direzione sud ovest verso il Colle d’Egua insieme al collega anziano superallenato ma perennemente acciaccato, con il nostro passo da “vaca vègia”. Gli altri, che ci raggiungeranno in un batter d’occhio, vanno a visitare le rovine di Villa Aprilia, che fu di proprietà di Vincenzo Lancia, fondatore della casa automobilistica e nativo di Fobello, un paesino valsesiano a due ore di cammino da qui.

Dopo un’ora e un quarto, che per il gruppo d’èlite avrebbe potuto essere molto meno, ecco il Colle d’Egua, 2239, da cui si potrebbe godere di un meraviglioso primo piano sulla Est del Monte Rosa. Oggi intravvediamo solo la Punta Gnifetti, fra le nuvole. Alla nostra sinistra, pochi metri più in alto, si trova il bel bivacco “Col d'Egua”, un vero rifugio perché sempre aperto, fornito di quanto serve, pulito e rispettato.

E' stato inaugurato nell'estate 2013 grazie al lavoro di volontari guidati dal padre di uno dei due giovani Alpini cui è intitolato, Fabrizio Volpone e Sergio Sesone. Io mi fermo qui, già soddisfatto degli oltre mille metri di dislivello, pur essendo allenato come un sedentario che fa dieci ore di divano al giorno.

Gli altri, che non si sono neppure riscaldati nonostante i trenta gradi, proseguono oltre il rifugio, verso il Cimone, 2453, a sud. Mi meraviglia che lo faccia anche il decano di oggi, in eterna sofferenza ma improvvisamente risorto. Che siano le tre gite settimanali a dargli un po’ di tono? Al ritorno degli amici pranziamo e rientriamo con calma lungo il percorso di salita. Non possono essere riportati tutti i sinceri complimenti che riceve il decano in trance agonistica.

Dalle parti di Piè di Baranca incrociamo l’enorme gregge di ovini che comincia a spargersi nei boschi più bassi, ben sorvegliato da tanti cani bellicosi. In un bar di Bannio chiudiamo in bellezza la giornata. Gianpaolo Fabbri

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