FORMAZZA- 06-08-2023-- Torniamo dopo sette anni su questa bellissima cima della Val Corno, protuberanza occidentale della ticinese Val Bedretto. Siamo al confine fra Canton Ticino e Canton Vallese e a meno di due chilometri in linea d’aria dal confine italiano dell’alta Val Formazza. Lo sconfinamento è giustificato da un’escursione seria, faticosa, di grande soddisfazione e con panorami superbi.
GITA N. 123 O 24
NUFENENSTOCK
LUGLIO 2023
Dislivello: 1250 m. Tempo: 6 h 45’. Sviluppo: 20 km.
Nella precedente descrizione di questa gita ero stato impreciso nella valutazione del dislivello, ma allora un centinaio di metri in più o in meno mi sembrava poco significativo. Adesso che fatico di più cerco di non fare regali all’altimetria.
Oggi ci risparmieremo soltanto, rispetto al 2016, la visita alle quattro grandi centrali eoliche in prossimità del Griessee ed il relativo dislivello in più. Parcheggiamo a pagamento sotto la diga di Morasco, 1743. Sole, nuvole, un po’ di vento e quattro gradi, ideali per camminare, soprattutto nel noioso tratto di strada che fiancheggia il Lago e ci porta alla partenza della funivia ENEL, 1850 circa.
Si curano di cinque anziani soltanto la badante titolare ed il nostro presidente, che ci guida anche oggi con il suo anziano assistente acciaccato. Incrociamo le preziose vacche di Morasco – Bettelmatt e scolliniamo con una breve discesa nel grande pianoro dell’Alpe che dà il nome al celebre formaggio, 2098. Camminiamo da un’ora e un quarto. Vorrei pensare soltanto alla bellezza della nostra compagnia del giovedì ed alla bellezza della natura che ci circonda, ma sento il profumo dell’homo idroelettricus oscellanus.
Volgo lo sguardo alla mia destra e osservo le opere di presa di una centralina idroelettrica che mi dicono essere privata. L’homo di cui parlavo è risalito, come i cormorani, ai confini settentrionali della nostra strana Italia. Pensavo che l’Alta Formazza fosse monopolio ENEL, ma mi sbagliavo: l’homo idroelettricus è inarrestabile.
Siamo su La Via del Gries, il principe dei sentieri, GOO. Risaliamo fino a quota 2260 e sostiamo brevemente nell’unico tratto pianeggiante. Dopo un’ora siamo al Passo Gries, 2479, cruciale via d’ingresso alla “Bella Italia” nella nostra storia. Passiamo accanto alla targa che ricorda il viaggio di Richard Wagner in Italia, iniziato qui il 18 luglio 1852. Su dolci saliscendi, diretti a nord est, raggiungiamo il Passo Corno, 2485, e, in corrispondenza del primo laghetto e di una palina in legno, saliamo a sinistra e ci portiamo su un piccolo altipiano con vecchie fortificazioni. Siamo a Calcestro.
Sempre in direzione nord risaliamo con attenzione e fatica, almeno io, una dorsale erbosa molto ripida e poi, su pendii più “umani”, raggiungiamo la cresta che separa la Val Corno dalla testata occidentale della Val Bedretto, dove nasce il fiume Ticino e dove si snoda la strada del Nufenenpass. Percorriamo verso oriente la cresta, facile ma esposta, un traverso di sassi e terra e in breve raggiungiamo la croce di vetta, 2866 (un’ora e mezza dal Passo Gries).
Il sole pallido di oggi non toglie nulla ad un panorama spettacolare. Foto di rito, contemplazione e ripercorriamo la cresta verso occidente ed il tratto ripido, che in discesa richiedono ancora più attenzione. In una bella conca riparata dal venticello frizzante sostiamo per il pranzo. Ripercorriamo il tragitto del mattino lungo il bel sentiero che si potrebbe veramente chiamare l’autostrada delle Alpi, dove incontriamo tanta gente, anche in bicicletta.
Alla partenza della funivia ENEL ci sono delle auto parcheggiate e si tratta di turisti, non di gente che qui lavora. O sono furbetti che rischiano o sono raccomandati, facenti parte della categoria professionale più diffusa nella “Bella Italia” di Stendhal.
Con sei ore nelle gambe ed un pizzico di rabbia costeggiamo nuovamente il Lago di Morasco ed arriviamo alle auto dopo tre ore di cammino dalla vetta. Una birra alla Cascata del Toce chiude in bellezza la lunga giornata, mentre da valle arrivano i primi messaggi di richiamo ai propri doveri di padri, mariti, ma, soprattutto, nonni.
Gianpaolo Fabbri