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ANZASCA- 04-02-2024-- Questa escursione, già raccontata in estate e in inverno, è, appunto, “per tutte le stagioni”. D’inverno ci ero venuto sempre con gli sci. Questa volta con le ciaspole. Ma purtroppo le stagioni, come le intendevamo fino a pochi anni fa, non esistono più. E le idee tradizionali sull’uso dell’attrezzatura invernale più adatta non valgono più e sono sempre meno chiare, almeno per me.

GITA N. 140 O 24

PIZZETTO

 GENNAIO 2024

Dislivello: 960 m. Tempo: 5 h. Sviluppo: 13 km.

Anche oggi quattro anziani, fra cui i soliti due che rallentano il gruppo, sono assistiti dal medico di turno e dalle tre splendide badanti. Il campo-base è a Piedimulera, dove ottimizziamo gli equipaggi in previsione del piccolo parcheggio che troveremo ad inizio gita.

La giornata è splendida, troppo. Un po’ del “forte favonio” previsto da Meteosuisse lo troviamo al campo-base, ma in Valle Anzasca non volerà una foglia per tutto il giorno. Dopo Bannio seguiamo la ripida strada per l’Alpe Soi e ci fermiamo nel piccolo parcheggio dalle parti dell’Alpe Piana, 908, dove inizia la strada che raggiungeva solo l’Alpe Balm Cima. Adesso arriva già all’Alpe Loro e sicuramente proseguirà per lasciare il segno dell’homo sapiens anche in questo splendido territorio fino ad ora non sfregiato dai consueti lavori di distruzione anziché costruzione. Il tempo ci dirà se lo scopo di questa strada sarà quello di favorire intense attività agro-silvo-pastorali, che erano sicuramente più intense quando le strade non c’erano, o quello di raggiungere in auto le baite sparse in zona.

Raggiungiamo l’Alpe Balm Cima e le rovine degli impianti sciistici dell’Alpe Provaccio, 1130, che da quasi quarant’anni rattristano questo splendido balcone panoramico sulla parete est del Monte Rosa. Qui incrociamo il sentiero B19 che sale da Parcineto fino al Pizzetto.

Parliamo adesso di ciaspole! I due più saggi (e fortunati) le lasciano in auto, mentre gli altri sei le hanno con sé. Solo io e un amico, però, le calziamo. L’innevamento è molto scarso e irregolare grazie al vento e alle temperature anomale. Quindi, o si allunga il percorso per seguire la neve, che, oltre al resto, è anche pesante e raddoppia la fatica, o si continua a mettere e togliere le ciaspole. E’ così che arriveremo più tardi alla sofferta decisione di riporle anche noi nello zaino, mentre gli altri sei ci aspettano pazienti, in un silenzio che vale più di mille parole.

Dopo poco meno di un’ora e un quarto di cammino, a dir poco irregolare a causa del mio dubbio amletico “ciaspole o non ciaspole”, siamo all’Alpe Loro, 1333. Pausa colazione.  Si prosegue per l’Alpe Rausa di Bannio, 1367, l’Alpe Rausa di San Carlo, 1486, e l’Alpe Ielbi. Le pendenze si fanno sempre più dolci ed arriviamo a Villa Samonini, 1638. A questo angolo di paradiso sono particolarmente legato perché proprio qui, nell’estate 2020 ed in piena pandemia, pranzando su un bellissimo tavolo di legno, nacque il gruppo dei Murmäta, amici prima ed escursionisti poi. Breve pausa e raggiungiamo la bella conca di Campo Aostano, 1780.

Un’ora e tre quarti da Loro, soprattutto per colpa dei miei rallentamenti. Campo Aostano fu sede di una vera e propria battaglia nel 1411, allorché gli svizzeri, calati dal Monte Moro, tentarono di strappare questa terra al Vescovo di Novara. Attraversiamo la conca e, fino ad ora diretti a sud ovest, viriamo decisamente a oriente raggiungendo, in poco più di un quarto d’ora, la vetta del Pizzetto, 1879, lungo una stretta dorsale che dà, alla nostra destra, sulla Valle Olocchia.

Pochissima neve e condizioni quasi estive. C’è una piccola croce di ferro ed un panorama incredibile dominato dalla Est del Rosa. Nessuna traccia del “forte favonio”, temperatura primaverile e pranziamo con calma qui in Paradiso. Ripartiamo malvolentieri diretti a nord est calzando per un breve tratto le ciaspole, almeno chi le ha. Un po’ di neve c’è su questo versante nord non ancora raggiunto dal sole.

Ci sarebbe una traccia, almeno sulla cartina, ma con la neve è inutilizzabile. Con percorso libero mi permetto di guidare il gruppo “a occhio”, nonostante alcuni malfidenti, e torniamo sul sentiero di salita esattamente a Villa Samonini. Gli uomini di poca fede adesso tacciono. C’è ancora il sole e ci concediamo una lunga pausa: qui è troppo bello per accelerare il ritorno verso le tristezze del fondovalle. Ripercorriamo la via del mattino e torniamo al parcheggio in un’ora e tre quarti dalla vetta. A Piedimulera ritroviamo il favonio ed una birra fresca.        

Gianpaolo Fabbri

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