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VARZO- 03-032024-- Riscopriamo dopo un lungo periodo di pigrizia, più che altro mentale, quanto possano essere piacevoli anche le escursioni con tempo brutto. Basta scegliere la meta giusta al momento giusto. E il Rifugio Crosta all'Alpe Solcio lo è stato per più di quindici anni: aperto tutto l'anno, sempre ospitale, in ambiente bellissimo estate e inverno, facilmente raggiungibile lungo percorsi diversi. Speriamo che continui ad esserlo anche dopo che Marina ed Enrico “lasceranno” ad aprile. Da questi due professionisti della montagna abbiamo imparato molto.

GITA N. 144 O 24

RIFUGIO CROSTA DA VARZO

FEBBRAIO 2024

Dislivello: 1200 m. Tempo: 5 h 30’. Sviluppo:  15,5 km.

Una coraggiosa squadra di dipendenti INPS, supportata da due badanti ed un medico altrettanto coraggiosi, sfida le previsioni meteorologiche avverse. Il coraggio è ispirato dalla possibilità di mettere nelle anziane gambe un buon dislivello lungo sentieri evidenti e bellissimi e dalla certezza di un pranzo squisito al Rifugio Crosta dell'Alpe Solcio.

Parcheggiamo nella piazza della chiesa di Varzo, 550, e, dopo il caffè e il giro guidato per il centro storico, ci avviamo lungo la strada asfaltata che sale verso nord. Avvisiamo Marina che saremo in sei a pranzo, mentre inizia a cadere una pioggia leggera che ci accompagnerà per tutto il giorno, sotto forma di neve sopra quota 1300. Dopo pochi minuti imbocchiamo la mulattiera/sentiero F06 sulla destra, contrassegnata anche da cartelli in legno, che seguiremo facilmente fino alla meta. Più avanti, sempre con gli ombrelli aperti,  attraversiamo le case di Durogna, 695, e raggiungiamo l'oratorio. Di qui parte il “Sentiero dei Tassi” che attraversa due volte la strada asfaltata per Dreuza e ci porta a Casa Gatti, 785.

Dopo quasi un'ora di cammino attraversiamo ancora una volta la strada e siamo a Dreuza, 980. Qui comincia a faticare un anziano che non è in giornata e inizieranno frequenti seppur brevi pause, per consentirgli di rifiatare, che ci porteranno al rifugio all'ora di pranzo e non all'ora dell'aperitivo, com'era nostra abitudine. In un ampio recinto si gode tranquillamente il clima, simile a quello della sua Scozia, una famigliola di bovini Highlander. Nel racconto di una gita all'Alpe Asinello del 2021 avevo erroneamente confuso questi bovini europei con gli yak tibetani.

Chiedo venia e la prossima volta consulterò gli esperti prima di scrivere e non con oltre due anni di ritardo. Passiamo da Valera, 1060, e riprendiamo a salire seriamente, sempre con un occhio attento all'anziano affaticato, in particolare da parte del medico di turno. Certo che pensando a tutte le volte che, nei decenni scorsi, l'anziano ci aspettava soltanto in vetta con sorriso “sornione”, verrebbe voglia di lasciarlo soffrire da solo.

Ma siamo buoni cristiani... più o meno.  A quota 1135 (Alvazz ?), nei pressi di una casa che offre un buon riparo, facciamo colazione. A Baratta, 1240, incontriamo il bivio per il Passo della Colmine, a destra. Noi teniamo la sinistra verso Solcio. La pioggia leggera si trasforma in una fine nevicata a quota 1300 e, poco più in alto, entriamo nel bel bosco di faggi e abeti.

Dopo aver nuovamente attraversato la strada che sale a Solcio da Dreuza, passiamo dall'Alpe Quartina, poco sopra quota 1600. Di qui passa l'Alta Via della Val Divedro (AVD). Alla pochissima neve già a terra si aggiunge la pochissima neve che scende dal cielo, ma quest'anno ci dobbiamo accontentare. Più che altro preoccupano le scarse scorte di acqua per l'ennesima calda e lunga estate che ci aspetta. Arriviamo ai 1730 metri della bellissima e vasta Alpe Solcio, da anni caricata da pastori valsesiani.

Attraversiamo un ponticello di legno sul Rio Sangioanni, ora ruscello, che scende dal Vallone di Solcio ed incontriamo la strada che sale da Maulone. La seguiamo per pochi minuti camminando finalmente su qualche centimetro di neve e siamo al Rifugio Crosta. Da Dreuza due ore e un quarto, escluse le soste, con passo da “vaca vegia”, come dice agli altri, non oggi, l'anziano affaticato. Appena prima del rifugio c'è una bellissima scultura lignea monoblocco su un tronco d'albero, di Mario Storno (2015).

L'accoglienza e il pranzo sono squisiti. Inutile dire che, quando “lasceranno” Marina ed Enrico ad aprile, la montagna ossolana sarà un po' più povera. Sempre sotto un po' di neve e pioggia ripercorriamo il sentiero F06 e, dopo due ore e un quarto, arriviamo alle auto. Oggi ce la siamo già goduta abbastanza e non c'è tempo per il solito drink.

  Gianpaolo Fabbri

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