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caserma chiossi mix

DOMODOSSOLA- 25-06-2017- L’'ex Convento dei Cappuccini di Domodossola, sorto alla fine del '‘600 alle pendici del Colle di Mattarella, oggi conosciuto come “ex Caserma Chiossi”, è ridotto a una distesa di rovine assalite da sterpaglie e sommerse dal bosco. Fino a qualche decennio fa l’importante complesso edilizio era ancora ben visibile, con il suo colore rosa: soprattutto, spiccava la bella facciata della chiesa. Ora le chiome degli alberi lo coprono del tutto; alcuni sono cresciuti fin dentro le sue mura. Si rischia di perderne perfino la memoria; cercando su internet si trovano pochissimi dati. C’è voluto l’impegno dello studioso di storia locale, Umberto De Petri, per fornirci materiale un po’ più approfondito, tratto da un articolo di don Tullio Bertamini, “"Francescanesimo in Ossola”", pubblicato sul numero 2 di “Oscellana” nel 1982. Il convento fu costruito con il contributo di numerosi donatori e la mobilitazione dell’intera comunità ossolana, in sostituzione dell’edificio originario, ancora oggi esistente nella zona che dai frati ha preso il nome, la Cappuccina. A quell’'epoca si chiamava “Le Mondate” ed apparteneva a Caddo: l’'antico convento, paradossalmente sopravvissuto a quello più recente, si trova a ridosso della chiesetta della Madonna di Re. La scelta di quel luogo, troppo vicino al Bogna ed esposto alle sue piene, fu fortemente contrastata, racconta don Bertamini: nonostante ciò il convento venne costruito in appena quattro anni a partire dal 18 ottobre 1615. La predicazione e l’'opera dei frati Cappuccini era apprezzatissima nelle valli Ossolane: avevano assistito la popolazione durante la terribile peste del 1628 - 1630, che aveva sterminato, fra le altre migliaia di persone, tutti i Padri Conventuali dell’Ospedale San Biagio. Furono due di loro, nel 1656 a dare il via alla costruzione del Sacro Monte Calvario e della Via Crucis, dopo avere acceso l’'entusiasmo della popolazione domese con le loro prediche; questo spiega l’'adesione unanime alla costruzione del loro convento. A convincere tutti della necessità di spostarlo, provvide il Bogna, allagandolo più volte fra il 1640 e il 1646, nonostante le opere di difesa costruite dai domesi. La decisione, secondo don Bertamini, dovrebbe risalire a gennaio del 1666; ci fu una nuova mobilitazione generale, raccolta di elemosine e donazioni cui si aggiunsero i proventi della vendita del vecchio edificio; arrivarono offerte anche da Milano e dal Vallese, mentre le autorità pubbliche favorirono l’'opera, lasciando che sorgesse su terreni demaniali. La prima pietra della chiesa venne posta il 12 aprile 1667, quella del convento circa un mese dopo, il 18 maggio. Il 27 aprile dell’'anno dopo fu celebrata la prima messa e nel 1670 i Cappuccini, con una processione dalla città, entrarono definitivamente nel nuovo convento. Il citato articolo di “Oscellana” descrive nei dettagli, con ampie citazioni di documenti dell’'epoca, le vicende della costruzione del nuovo convento; quello vecchio, venduto ai privati, andò in rovina ma, grazie alla costruzione successiva del “Muraccio” contro il Bogna, poté rinascere e tornò al servizio proprio dei Cappuccini; fino a qualche anno fa ospitava le suore Figlie di San Giuseppe, che servivano la Parrocchia retta dai frati. Il convento alle pendici del Colle di Mattarella venne per due volte sequestrato dallo Stato; nel 1810 a causa delle leggi Napoleoniche e, dopo il 1865, dal neonato Regno d’Italia a causa di leggi altrettanto prevaricanti, che imponevano prima la soppressione dei conventi poi, addirittura, lo scioglimento degli Ordini religiosi. La popolazione ossolana manifestò di nuovo il suo amore per i Cappuccini, raccogliendo fondi per riacquistare il convento, dopo la fine dell’epoca napoleonica e cercando di opporsi al nuovo sequestro, voluto dallo Stato liberale e massonico nel 1855. Con la soppressione degli Ordini e Congregazioni, nel 1865, il sequestro divenne definitivo; il Comune di Domodossola, con un atto sulla cui legittimità don Bertamini avanza dubbi, decise di affittare il convento al Ministero della Guerra. Diventato caserma della X Compagnia Alpini nel 1873 con il nome di “Caserma Chiossi”, quindi adibito a rifugio di sfollati dopo il 1943, poi a casa di abitazione per emigrati dal sud Italia, fu completamente abbandonato negli anni ’60 del secolo scorso. I Cappuccini avevano cercato ripetutamente, fino al 1927, di tornarne in possesso, ma senza riuscirvi; a scoraggiarli definitivamente fu la pretesa del Comune di una somma per quei tempi esorbitante, 300 mila Lire. Da allora l'’edificio è andato in rovina completa; negli anni ’70 in città si parlò addirittura di demolirlo, forse per fini di speculazione edilizia. Il tetto della chiesa è crollato da parecchi anni ed ora è crollata gran parte della volta interna; metà del tempio è attualmente a cielo aperto, piena di macerie. Nel 2012 è crollato l’angolo a nord - ovest del convento; diversi massi sono rotolati in mezzo al bosco lungo il versante di montagna fino a pochi metri dalla Strada Antica delle Cappelle del Sacro Monte. L'’allora Sindaco Cattrini ha fatto recintare l'’area, vietandone l’'accesso per motivi di sicurezza. Attualmente l’'ex convento è di proprietà comunale proprio in conseguenza della seconda confisca e cacciata dei frati, che erano gli unici a tenerlo in buono stato. A testimoniare il suo splendido passato sono alcune opere d’arte provenienti dalla chiesa, oggi conservate in gran parte nel Museo di Palazzo Silva; tra queste si possono citare quadri dei pittori vigezzini Borgnis e Peretti, oltre ad un’imitazione di un Tanzio da Varallo fatta da un altro maestro della Val Vigezzo, il Mellerio. Non sembra profilarsi all’orizzonte alcuna ipotesi di intervento di recupero, lo afferma l’ingegner Antonio Pagani, per lungo tempo membro del Consiglio di amministrazione della Riserva Naturale del Sacro Monte Calvario, oggi confluita nell’Ente di gestione dei Sacri Monti della Regione Piemonte. “"Non c’è alcun progetto - dice - anche a causa dei costi esorbitanti di un ipotetico intervento e della estrema ristrettezza dei fondi a disposizione. Non c'è alcuna ipotesi di utilizzo della struttura da parte del Comune; non ha senso parlate di interventi se non si sa cosa fare dell'ex convento. Per poterlo utilizzare occorrerebbe fare una strada, che dovrebbe diramarsi da quella che sale a Vagna ed avrebbe anch'’essa costi notevoli. Sono state avanzate alcune idee una dozzina di anni fa; è stato anche indetto un concorso di idee ma poi nulla più è andato avanti. Deve essere il Comune a decidere cosa fare di quell'’edificio. La Riserva - spiega ancora Pagani, oggi impegnato nel “Consorzio volontario per il restauro delle cappelle del Sacro Monte Calvario di Domodossola” - attualmente è impegnata a completare l'illuminazione della Strada Antica e a portare avanti il progetto di sistemazione dell’area compresa fra le cappelle I e IV"”.

Mauro Zuccari

Foto di Alessio Vincler

 

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