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PIEMONTE_ 21-01-2021--Come nasce il “codice del terzo settore”, ce lo spiega Moreno Bossone

Con la legge 106 del 2016 , di delega al governo per la riforma del “Terzo Settore” , è iniziato il lungo percorso finalizzato a valorizzare e delineare un apmio ambito della vita sociale, che spazia dal sociale , alla cultura, al welfare , al turismo , a sport e spettacolo ed alle attività imprenditoriali legate al mondo cooperativo, dell’impresa sociale e soprattutto del volontariato e del non profit.

L’anno successivo , con l’approvazione e la promulgazione del Decreto Legislativo 3 luglio 2017 n° 117 ha preso vita il più comunemente detto “Codice del Terzo Settore”.

Nasce così un costrutto legislativo che si occupa del complesso degli enti privati costituiti per il conseguimento senza fini di lucro , di finalità civiche , solidaristiche e di utilità sociale che in attuazione del principio di sussidiarietà ed in coerenza con i rispettivi statuti, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forma di azione volontaria e gratuita , o di mutualità prevalente .

Per la prima volta viene quindi chiaramente descritto ed espletato il cosiddetto principio di “sussidiarietà” cioè quel meccanismo che prevede, permette e , con il “codice” promuove, il modus operandi secondo il quale la “cittadinanza attiva” , opportunamente costituita ed organizzata in forma associativa può ( ed in alcuni casi deve !) intervenire per operare in ambiti ed ambienti anche pubblici , laddove ben organizzati ed in manifestata ed accertata capacità di azione anche in luogo e vece dell’ente pubblico superiore, senza che questi possa interferire , ma dove , viceversa , proprio in virtù sussidiaria , collaborativa e di utilità e bene comune , l’ente pubblico (o ente superiore) promuove tale azione .

Questi enti , comunemente chiamati “enti no profit” , (cioè inidonei a realizzare qualsivoglia profitto) oppure denominati “enti non profit” (cioè enti che possono esercitare anche attività di impresa , sono capaci di realizzare un lucro,seppur in senso meramente “oggettivo”) pur potendo esercitare attività “commerciali” , non possono – in nessun caso – ripartire gli utili o gli avanzi di gestione tra i soci / fondatori , ma devono reimpiegare tutte le proprie risorse nella realizzazione dello scopo prefissato.

Detti enti , si differenziano quindi dalle società commerciali e si differenziano parimenti anche dagli enti pubblici.

Il “terzo settore” si presenta quindi come un “ibrido” avendo elementi sia della sfera pubblica (interesse generale) che della sfera privata (cioè sono enti di natura privata) .