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26-01-2023 -- Tutta la profondità di Cat Power viene fuori nel 1998 con “Moon Pix”, un piccolo grande capolavoro indie che mette a nudo vari aspetti della recente e antica umanità, quali l’amore, la religione, l’amicizia, la coerenza, la solitudine e quanto altro. A metà tra lo “slowcore” e il cantautorato più classico, la delicatezza e l’efficacia dell’album è disarmante, tanta quiete nelle vibrazioni quanta tempesta nelle parole e nel contesto.
“He Turns Down” è una lettera aperta non solo alle religioni organizzate ma addirittura a Dio stesso, e la lettera non è di certo amorevole, mentre “No Sense” è un paradosso sull’inutilità dell’esistenza. “Say” è quasi un trattato filosofico riguardante l’inefficacia e le difficoltà della comunicazione; “Metal Heart”, forse il pezzo più bello del disco, è una delle più profonde canzoni d’amore che mai ascolterai, capace di far sentire in colpa l’ascoltatore di cose che magari non ha ancora fatto o mai farà. “Moonshiner” è dedicata alla dipendenza da alcol e il vuoto del post-sbornia, “You May Know Him” è un’elegia dove forse si fa pace con Dio uniti nel dolore della morte. Cat Power sogna poi di innocenti primi amori e soluzioni al dramma della vita con “Colours And The Kids”.
Insomma, Cat Power, o se volete Chan Marshall (il suo nome anagrafico) riesce, meglio di moltissimi blasonati colleghi, a portare sul piatto non solo un validissimo album “indie” dal punto di vista prettamente musicale, ma ci mette anche se stessa con una naturalezza che fa spavento.
Gianvittorio Bentivoglio