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fabbri lago

FORMAZZA- 27-08-2023-- Un impegno inderogabile mi fa rinunciare al consueto appuntamento del giovedì e gli amici programmano una gita himalayana, lunga e faticosa. Non so se dispiacermi o festeggiare lo scampato pericolo. Alle 9.00 una telefonata annulla il piacevole dovere di prelevare nipotini e genitori a Malpensa. E così decido di andare incontro agli amici, gustandomi con calma parte della gita alle Guglie Bianche del Lebendum.

GITA N. 126 O 24

VERSO LE GUGLIE BIANCHE DEL LEBENDUM

AGOSTO 2023

Dislivello: 1100 m. Tempo: 5 h 15’ .

Alla gita ufficiale partecipa, in questa splendida giornata, un gruppo scelto di Murmäta guidato dal Presidente, che anche oggi “gioca” in casa.

Con lui l’assistente acciaccato ma coraggioso, le tre forti badanti e due anziani d’acciaio. Io parto da casa con tre ore di ritardo per andare loro incontro con il mio passo da “vaca vègia”. Non dispiace dormire qualche ora in più, ma la non voluta pigrizia si paga a caro prezzo in termini di traffico di agosto, di caldo, di coda per pagare il parcheggio alla diga di Morasco, 1743. E’ così che mi avvio da solo all’alba delle undici.

La cattiva abitudine di camminare da solo può essere tollerata oggi con tempo bello stabile e con decine di altri escursionisti su questi percorsi battutissimi. Facendo orgogliosamente parte della categoria dei non raccomandati, mi devo sorbire, sotto il sole del tardo mattino, la salitella alla diga e il lungo tratto pianeggiante che costeggia il lago. Un vento fresco attenua il caldo.

Poco prima della stazione di partenza della funivia ENEL tengo la sinistra lungo la strada sterrata e scendo ad attraversare il torrente sul ponte. Giro a destra e rimedio ad un piccolo errore di percorso tornando sulla sinistra orografica. Breve pausa ed inizia la salita ripida lungo il vecchio sentiero verso il Vallone del Sabbione. E’ evidente, a tratti un po’ esposto. Lo consiglierei soltanto in salita. Qui non c’è vento e il sole picchia, proprio dove l’ascesa è più ripida. A quota 2100 c’è la lapide di un giovane, Gilberto.

Dopo un’ora e un quarto di cammino il sentiero diventa pianeggiante, ritorna il vento che rinfresca e si apre verso sud ovest il maestoso vallone ai piedi dell’Arbola e dell’Hohsandhorn. Sono al baitello, Zum Stock, quota 2210. Poco più avanti c’è il bivio per il Rifugio Città di Busto e per Morasco lungo il sentiero più frequentato, a destra. Io tengo la sinistra e attraverso il Rio del Sabbione. Sono sul sentiero G39, evidente e contrassegnato da una grande quantità di ometti artigianali, hobby salutare per qualcuno. Si sale. Tanta gente torna già a valle. Non sono proprio abituato a questi orari.

Passo dal Rifugio Cesare Mores, 2515, chiuso. Fu inaugurato nel 1954 dalla sottosezione Fior di Roccia del CAI Milano, di cui fu fondatore la medaglia d’oro al Valor Militare Cesare Mores. Poco più in alto, a 2561, una delle pochissime quote su cui tutti concordano, è invece aperto il Rifugio Città di Somma Lombardo. Ci arrivo dopo un’ora di cammino da Zum Stock.

Degli amici non c’è ancora traccia, ma è presto. Qui inizia il bel sentiero G37, inaugurato pochi anni fa, che collega con il Rifugio Eugenio Margaroli all’Alpe Vannino. Bello ma eterno, come mi racconteranno poi gli amici. Grazie al mio passo tranquillo sto bene e proseguo. Dopo tre quarti d’ora, intervallati da una veloce pausa pranzo, arrivo su un pianoro a quota 2750 da cui si domina, un centinaio di metri più in basso, il Lago di Ban Occidentale, 2618. A destra la coda del grande Lago del Sabbione. Verso sud un vasto e bellissimo paesaggio quasi lunare, per me del tutto nuovo, dal quale dovrei veder arrivare la squadra scelta di Murmäta proveniente dalle Guglie Bianche del Lebendum. Vedo altri in lontananza, ma non i sette del gruppo.

Sono quasi le 15 e, con il mio passo ancora più tranquillo in discesa, è meglio rientrare. Qui non c’è “campo” e non possiamo comunicare. Potrebbero anche aver cambiato programma ed essere scesi verso Sagersboden. Del resto l’appuntamento con me non era programmato.

Ripercorro il tragitto di salita, passando dai rifugi Somma e Mores, fino al guado del Rio del Sabbione ed al bivio successivo. Qui rinuncio al sentiero esposto del mattino e seguo quello “canonico”, il G39. Nella prima parte c’è una morbida discesa in una piccola valletta, cui segue un tratto sempre più ripido, ma mai esposto. Più in basso incrocio il sentiero G00 della GTA che scende da Bettelmatt ed arrivo rapidamente alla partenza della funivia ENEL, 1850.

Poco prima comincio a ricevere i messaggi e le telefonate degli amici che stanno scendendo dopo il baitello. Scoprirò poi che dal punto che avevo raggiunto in salita c’erano ancora quasi due ore di cammino. Direi, quindi, gita himalayana da fare in due giorni per gustarne con calma le bellezze, almeno per noi “normali”.

Di cammino effettivo da quota 2750 al parcheggio di Riale sono due ore e un quarto, ma io passeggio su e giù lungo il lago in attesa della squadra scelta. Vedo moderatamente stanchi anche alcuni ragazzi che non lo sono mai e mi rendo conto dello scampato pericolo.

Solo le tre splendide badanti sono ancora in grado di correre. Un amico alla Cascata ci offre da bere e scendiamo a valle in orario quasi notturno. Unica nota triste di questa bellissima giornata, come sempre accade, i fazzoletti di carta usati, ed altro, che si trovano ormai anche sopra i duemila.

Portarli a valle insieme agli altri rifiuti sembra essere un’impresa epica. Probabilmente i cambiamenti climatici offuscano sempre più le idee, già di per sé confuse, dell’homo sapiens. E poi ci incazziamo tutte le volte che la natura, da noi maltrattata, ci fa pagare il conto.

Gianpaolo Fabbri

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