PIEMONTE- 07-01-2024-- Seppur non ne sia un esperto, oggi vi vorrei parlare in modo sparso di alcune band che sicuramente hanno contribuito alla causa rock nipponica, il Giappone infatti vanta di grandissime produzioni ovviamente dimenticate nel tempo.
Un esempio sono “Les Rallizes Denudes”, attivi già dalla fine degli anni 60, non registrarono quasi nulla in studio, fatto forse dovuto all’attivismo comunista dei membri, che sfociò addirittura in vero e proprio terrorismo, difatti il bassista della band dirottò un aereo per raggiungere Cuba, finendo però in Corea Del Nord data la scarsa quantità di carburante. Il loro apice fu probabilmente ’77 Live, un disco dal vivo del 1977 che per anni fu soltanto disponibile in versione Bootleg, rilasciato ufficialmente solo nel 1991, una data che sembra più corretta per gli ascoltatori; il disco suona infatti anacronistico, quel poco che si capisce dalla povera qualità della registrazione è che la vena psichedelica collegata al pop che la band proponeva era a tutti gli effetti un unicum ai tempi, oltre che una previsione degli anni 90.
Ci spostiamo poi su Cornelius, un artista solista che con il suo album d’esordio “Fantasma”, uscito nel 97, fece un resoconto, ancora una volta psichedelico, di tutto ciò che prima era stato, incorporando elementi elettronici difficili da concepire ma estremamente effettivi, delicato e roboante allo stesso tempo, molto astratto e dislocato ma anche emozionante e orecchiabile, l’album è decisamente un capolavoro, ottimo per testare delle cuffie nuove dato l’alto livello della produzione. Anche qui non mancano le controversie, Cornelius finì in uno scandalo per via del suo interesse sessuale verso le persone disabili, ma oltre non ho indagato perché non è mio interesse.
I Number Girl nel loro concerto al RockTransformed del 1999 fecero sicuramente molto rumore, un hardcore melodico sempre sul pezzo, grandissima precisione che porta l’indie rock al confine con l’hardcore, spesso trapassandolo, questi samurai della chitarra oltrepassarono negli anni 2000 i loro confini con il loro ultimo album, Sapukkei, decisamente più incazzato e crudo, decisamente da ascoltare. Il volume alto fece la fortuna di molti grandi artisti nipponici, come i Boris, che tra il 98 e il 2005 rilasciarono una sfilza di album uno più bello dell’altro, spicca la copertina di “Akuma No Uta”, che ruba la celebre immagine di Nick Drake, ma questa volta con uno strumento infernale tra le mani anziché una chitarra acustica. Loro sperimentarono con il metal estremo e l’ambient, le parole chiave sono drone e feedback, ergo ripetitività, ipnosi, riverbero, ambiente, rumore e creatività.
Il rumore assume forme ormai puramente astratte con i Boredoms, “Vision Creation Newsun”, datato 1999, è difficile da descrivere, basta la copertina. La sentenza? Capolavoro.
Poi ci sarebbe chiaramente da parlare dei collage horror-jazz dei Ground Zero, una band follemente originale, o i divertenti Gerogerigege, bolle di sapone assordanti. Oppure i Midori, che ben mischiarono i concetti tradizionali e superati di canzone pop con l’energia giovanile e, come al solito, un gran bel volume alto, accompagnato dalle urla della cantante, che nel loro album del 2008 aveva sicuramente un pochino di rabbia in corpo. Pionieri del noise rock furono anche e soprattutto i Fushitsusha, che avevano già le idee chiare a fine anni 80 su quel che poi divenne storia.
Probabilmente questa lista che ho fatto non rispecchia nemmeno l’1% di ciò che dovrebbe essere detto, ma non potevo non concludere coi Fishmans, che nel mio cuore hanno il primato come miglior performance live mai fatta nella storia del rock, alla faccia dei Grateful Dead… Il 28 Dicembre 1998 si fermò il mondo astrale della musica, per due ore e mezza infatti, degli irriconoscibili Fishmans, stravolsero completamente il loro repertorio che a mio parere era di poco conto, riproponendolo un’ultima volta ai loro fan, infatti il bassista della band stava uscendo dal gruppo, il concerto era dedicato a lui, da qui il titlo “l’addio di un uomo”.
Durante quella sera in cui si fece la storia, l’addio fu malauguratamente quello del cantante, che morì tragicamente pochi mesi dopo il concerto, che rimane quindi il loro ultimo e grande canto del cigno, dove il pop incontrò il divino e fu suonata la colonna sonora del paradiso, la quintessenza del pop psichedelico, dei sognatori, culminando coi 40 minuti di “Long Season”, l’esasperazione dell’ipnosi, ma non mollando mai di un centimetro per tutta la durata dell’album, offrendo inediti capolavori uno dopo l’altro cullando i nostri cuori con la dolcezza infinita dei loro suoni. 98.12.28 il titolo dell’album, una data che rappresenta uno dei momenti più alti mai raggiunti dalla razza umana in termini di elevazione.